Eppur mi son scordato di…me!

Paolo Triestino in un ritratto divertente, originale e commovente, scritto per lui da Gianni Clementi, in cui una storia personale incontra la Storia, accompagnata dalla musica di Lucio Battisti.

Tutti abbiamo una colonna musicale nella nostra vita, a percorrere ricordi ed emozioni. Antonio, un cinquantacinquenne, ci propone appassionatamente la sua…La vita ha preso una sua strada. Ma come è stato che Antonio si è scordato di sé? E Francesca, è ancora lei? Il ragazzo che siamo stati, ci riconoscerebbe oggi o ci manderebbe a quel paese? E se ci “ritorniamo in mente”, cosa vorremmo essere ancora e cosa non vorremmo più, di quello che siamo diventati?

In scena soltanto tre sedie attaccate, che all’occorrenza servono da sedile di una moto, di una macchina, del cinema, uno schermo grande su cui vengono proiettate immagini e filmati, una chitarra e…Antonio (Paolo Triestino).

Tutto comincia su un letto d’ospedale, in cui l’uomo giace, operato al cervello, in seguito ad un incidente stradale, che lo ha ridotto in stato di coma apparente. Nonostante ciò, Antonio capta le frasi di circostanza degli amici, inframmezzate dai ricordi che si affacciano alla sua mente e cerca di riannodare le fila di una vita sospesa tra passioni, conquiste, imbarazzi, tabù e interdizioni come “Battisti no, perché è di destra anche se canta meravigliose canzoni d’amore”. Come E penso a te, dedicata a Francesca, la donna che poi è divenuta sua moglie e che ora stenta a riconoscere: “No, non può essere lei, non è Francesca”.

Paolo Triestino

E’ questo il vero problema di Antonio: ricominciare in bellezza circondato da persone che non riconosce. Triestino dà vita alla carrellata di personaggi che si presentano via via: il chirurgo, la moglie, il cognato ‘coatto’, l’amico siciliano il cui sogno più grande è di essere un odioso impiegato del catasto, cattivo e senza cuore, il ristoratore con il difetto di pronuncia… Sono tanti e a tutti loro è chiesto di contribuire a ricomporre una porzione di cervello.

Antonio ha subito l’asportazione, forse provvidenziale, di un piccolo pezzetto di cervello, ricettacolo di cattivi pensieri e brutte abitudini, andate via con un colpo di bisturi, lasciandolo resettato come un computer rimesso a nuovo, dimentico della parte brutta di sé, appunto come il titolo mutuato da una delle più celebri canzoni di Battisti: Eppur mi son scordato di me. Lucio è con lui e lo tranquillizza. Meglio montare in sella e correre via finché la realtà non si confonde col sogno, in un’utopica assenza di conflitti e contraddizioni.

La pièce oscilla tra lirismo e comicità, mettendo a confronto, con parole e musica, la società degli anni ’70 con quella attuale, grazie anche ad immagini evocative ed una colonna sonora speciale: le canzoni di Lucio Battisti.